Il fantasma del lago


In una giornata d' autunno avanzato a cavallo tra le due guerre, in una campagna desolata e triste della provincia viterbese, a un carro trainato da due giovani cavalle si spezza un asse e “Pino il barrocciaio”, proveniente da Montepulciano, è costretto a trascorrere la notte alla “Locanda del Coregone”, sulla Cassia, a pochi passi dal lago di Bolsena. La posta gli era apparsa sinistra, grigia e malconcia, con un ampio terrazzo sovrastante l’ingresso nel quale si affacciavano tre porte finestra delle quali una murata a mattoni. Il carrettiere legò le due cavalline alla staccionata ed entrò all’interno della locanda, dove fu accolto da una donna di mezza età che, dopo avergli fatto un buon prezzo, gli indicò la stalla per le giumente e gli consegnò le chiavi della stanza da letto, nella quale Pino si sarebbe coricato dopo una cena frugale nell’ adiacente trattoria. Sistemate le due ronzine, il nostro salì in camera a fumarsi una sigaretta prima di cena. Mentre entrava nella sua stanza, anche un altro viandante entrò in quella adiacente e si salutarono cordialmente come si conviene in certi casi. Pino uscì nel grande balcone che aveva notato avvicinandosi alla stamberga e accese la sua nazionale senza filtro. Vide un’ombra sulla sua sinistra e scorse la figura di un uomo che guardava verso l’esterno. Pensando che fosse colui che aveva incontrato poco prima nel corridoio, lo salutò con la mano e questi, invece di rispondere al saluto, rientrò in tutta fretta dentro la propria camera. Strano, pensò Pino, prima mi aveva salutato e ora…mah! E continuò a fumare la sua cicca. Verso le venti il carrettiere scese per la cena e rincontrò il suo vicino. Si misero a chiacchiere mentre l’oste preparava loro la cena e, ad un certo punto, Pino gli chiese come mai prima nel terrazzo non avesse risposto al suo cenno di saluto. “Ma lo sa che è capitato lo stesso anche a me?, gli risponde il viandante, “anch’io ho visto quella ombra che non mi ha risposto al saluto ed è rientrata di corsa dentro! ho pensato che fosse lei”. I due, stupiti e interessati, chiesero all’oste se tra le loro due stanze ce ne fosse una terza, ma l’uomo scosse il capo in senso di diniego. La mattina successiva Pino uscì che albeggiava e alzando la testa verso la terrazza vide ancora la figura che guardava verso il lago. Fece per dirgli qualcosa, ma il figuro sparì dalla sua vista. Incuriosito e ostinato Pino bussò alla porta del suo vicino che aprì brontolando per l’ora mattutina. “Ho rivisto quell’uomo sul balcone, disse Pino, a me la cosa non mi convince per niente, andiamo a dare un’occhiata!”. Uscirono nel terrazzo e, scambiandosi uno sguardo d’intesa e in completa simbiosi, si misero a togliere i mattoni dalla porta finestra centrale. Con loro grande stupore rinvennero al suo interno uno scheletro ancora con addosso una divisa militare della prima guerra mondiale. Molto fu il trambusto, per quel rinvenimento che nessuno sapeva spiegarsi, e a nulla valse l’intervento delle forze dell’ordine del luogo che dopo le indagini chiusero il caso come non risolvibile. Da allora la locanda, chiusa definitivamente pochi anni dopo, prese il nome di “Locanda del fantasma del lago”.