Dentro gli occhi
Tutti i giorni della mia vita
A Milena Barbetti, mia mamma
di
Giuliano Lenni
Ho sempre avuto una certa
attitudine alla scrittura e so che amavi leggere quello che componevo. Ma in
questo momento il normale fluire delle parole è divenuto incerto, incatenato da
una commozione mai provata. Quello che non ti ho mai detto, per riservatezza o
per orgoglio, riguarda la mia personale gratitudine e privilegio di averti
conosciuta, simbolo di donna forte e immutabile di un periodo storico
irripetibile che mi ha donato, come apice della mia gioventù, gli anni ottanta,
una stagione straordinaria che ho avuto modo di apprezzare e vivere grazie alle
persone della tua generazione, di cui i nostri figli non avranno il vantaggio
di beneficiare. Ho in mente quei giorni che abbiamo vissuto insieme, che il
tempo uccide per regalarci i secoli, in questo periodo di esilio terreno che
siamo costretti a vivere in attesa dell’eternità. Ne potrei ricordare a decine,
a centinaia; dalla ormai desueta colazione pasquale alla prima volta che mi hai
fatto assaggiare la neve fresca con zucchero e limone. Oppure i luminosi giorni
delle lunghe vacanze al mare, i pranzi della domenica, gli amorevoli
rimproveri, gli insegnamenti o quell’abbraccio consolatorio ad alleviare
piccole o grandi ferite. Mentre scrivo questo ricordo di te e per te mi
sorprendo ad asciugarmi qualche lacrima, le stesse che hai versato per me
quando, con amore e forza straordinaria, mi hai ricostruito in piccoli pezzi
nel periodo più difficile della mia vita. Mi hai regalato lo stupore e lo
splendore del tuo sorriso aperto e puro, capace di infondere speranza, che
bramo di rivedere nel nostro personale aprile, quando tutto questo non avrà più
senso e rimarremo insieme per l’eternità. In questo momento di perdita non sono
capace di ricordare tutti i singoli episodi che ci hanno legato, d’altronde siamo
costretti a ricordare solo ciò che la mente fissa nella memoria e come poi ce
lo fa tornare in mente. Proprio per questo voglio portare dentro di me ogni
singolo giorno che ho vissuto con te e, anche se non sentirò più la tua voce così
familiare sono certo che mi tornerà in mente quando ti chiamerò per l’ultima
volta. Avrei voluto scrivere il mio racconto più bello di sempre parlando di
te. Non so se sono riuscito nel mio intento, ma so per certo che mai ho scritto
e scriverò con più amore di così.
Siediti e ascolta, nuovo romanzo di Giuliano Lenni
SIEDITI, ASCOLTA E LEGGI UN'ANTEPRIMA | RECENSIONI
Siediti e Ascolta
Romanzo di Giuliano Lenni
Un viaggio nell'anima umana
attraverso il mistero della memoria e la bellezza dell'arte. In questa
affascinante esplorazione, l'amore, la famiglia e l'amicizia si fondono con il
surrealismo della vita quotidiana, mentre ci immergiamo in un racconto intriso
di storia e di perdita. Scopriamo insieme i segreti sepolti di luoghi, oggetti
e opere d'arte dimenticate, testimoni silenziosi della nostra fragile
esistenza. Un invito a ascoltare le voci del passato, a riscoprire la bellezza
nascosta e a trasformare il presente in un ponte verso un futuro luminoso. In
un mondo che corre verso l'oblio, riflettiamo su ciò che rende veramente
significativa la nostra vita.
La fusione tra amore,
famiglia e amicizia nella vita quotidiana
Attraverso le opere d'arte,
possiamo vedere come l'amore si manifesta in gesti di affetto e cura tra
genitori e figli, come la famiglia sia un nucleo di sostegno e comprensione
reciproca, e come l'amicizia possa essere un baluardo nelle avversità. Questi
temi universali ci aiutano a comprendere l'importanza di coltivare relazioni
positive e sincere nella nostra vita quotidiana. L'arte ci invita ad
abbracciare l'amore, la famiglia e l'amicizia come fondamenta solide per una
vita piena di significato e felicità.
I segreti sepolti di
luoghi, oggetti e opere d'arte dimenticate
Un luogo sepolto e dimenticato
dal tempo, oggetti e opere d'arte abbandonate, tesori che aspettano di essere
riscoperti. Nascosti tra le pieghe del tempo i manufatti raccontano storie
curiose e svelano un lato oscuro della storia umana. Ogni luogo abbandonato,
ogni oggetto dimenticato e ogni opera d'arte negletta nasconde indizi preziosi
che possono svelare verità nascoste e arricchire la nostra comprensione del
passato. Scavare nella storia è come aprire un libro antico e perdersi nelle
sue pagine ingiallite. È un'avventura affascinante che ci permette di riportare
alla luce il patrimonio culturale che altrimenti sarebbe stato donato
all’oblio.
Riscoprire la bellezza
nascosta per un futuro luminoso
In un mondo frenetico e caotico, spesso ci si dimentica di guardarsi attorno e apprezzare la bellezza che ci circonda. Ma cosa succederebbe se prendessimo il tempo di esplorare, scoprire e riscoprire? La bellezza nascosta è come un tesoro prezioso che aspetta di essere trovato. Attraverso l'arte, possiamo immergerci in mondi lontani e sconosciuti, ma anche trovare rifugio nelle piccole meraviglie della vita quotidiana. Questa ricerca della bellezza nascosta ci permette di guardare al futuro con speranza e ottimismo. È un invito a rallentare, ad aprire gli occhi e a cogliere le sfumature del mondo che ci circonda, per creare un futuro luminoso in cui la bellezza sia parte integrante della nostra vita.
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Questo folle amore
di Giuliano Lenni
“Ci
amiamo da cinquant’anni e adesso me l’hanno rinchiuso in un ospizio, sono
davvero triste. Ma non demordo, starò con lui finché potrò, anche se sono ormai
stanco”. Inizia con questa frase la storia d’amore che mi tocca raccontare. Non
perché non vorrei raccontarla, ma perché non amo intrufolarmi nelle storie
altrui. Ma questa è una di quelle vicende che ti spezzano il cuore e l’unica
soluzione è scriverne, affinché si possa condividere con altri così da
esorcizzare la malinconia. Si parla di una storia d’amore tra due signori, sì
avete capito bene, due uomini. Questa è una storia d’amore anomala, cioè una di
quelle che durano fino alla fine, cosa sempre più rara nella nostra epoca.
Colui che hanno rinchiuso in un ospizio ha una malattia che non gli consente
più di vivere una vita quotidiana serena, pertanto i parenti lo hanno affidato
alle cure di una casa di riposo. L’altro è un signore, con il quale ha convissuto
per cinquanta lunghi anni, tra i tipici alti e bassi di ogni coppia e una
certezza, un grande, folle amore. L’altro non voleva che finisse così ma non ha
potuto impedire che ciò si verificasse, poiché non ha nessun diritto nei suoi
confronti, non avendo legami riconosciuti legalmente. L’unica soluzione è
starsi vicini comunque, a dispetto dei parenti e dei quasi ottant’anni che
incombono sulle loro vite. Parlo di questa storia poiché conosco uno dei due
signori. Lui è una persona per bene ed è piacevole trascorrere un po’ di tempo
a parlare della sua storia e di come la città dalla quale proviene sta
cambiando velocemente, tanto da non poterle più stare dietro. Si vorrebbe
trasferire dove hanno portato il suo unico amore, ma non crede di potercela
fare. E, allora, si rassegna a trascorrere la maggior parte del suo tempo in un
appartamentino che ha preso in affitto vicino alla casa di riposo, così da non
dover fare troppa strada per stargli accanto. So bene dell’esistenza di tante
storie simili a questa, storie di amore e di sacrificio che vanno oltre le
convenzioni sociali e le leggi, che si intrecciano silenziosamente tra le
pieghe della vita di ogni giorno. Tuttavia, forse per la conoscenza diretta di
uno dei protagonisti, questa è una di quelle narrazioni che ci toccano
profondamente, che ci fanno riflettere sulla natura stessa dell'amore e sulla
sua capacità di superare ogni ostacolo. È un racconto che ci ricorda
l'importanza di riconoscere e rispettare ogni forma di affetto, di non
lasciarci intimidire dalle norme e dalle restrizioni imposte dalla società. Ci
insegna che è fondamentale avere il coraggio di lottare per ciò in cui
crediamo, sia esso amore o idee, di difendere i nostri valori e di perseguire
la felicità, nonostante le difficoltà che possiamo incontrare lungo il cammino.
Premio Michelangelo per il libro Sotto l’ala dell’aquila di Giuliano Lenni
Premio Michelangelo per il libro Sotto l’ala dell’aquila di
Giuliano Lenni
Il libro, presentato sia in formato cartaceo che eBook,
ha ricevuto il diploma d'onore con menzione d'encomio da parte della giuria
della VI edizione del Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.
Firenze, 19/12/2021 (informazione.it - comunicati stampa - editoria e media)
Sotto l'ala dell'aquila è un romanzo di Giuliano Lenni
pubblicato a novembre 2020. Il libro, presentato sia in formato cartaceo che
eBook, ha ricevuto il diploma d'onore con menzione d'encomio da parte della
giuria della VI edizione del Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.
Un libro in cui si parla di un giovane ufficiale
paracadutista che, durante il periodo di leva, si ritrova in un losco giro di
traffico di armi tra l'Italia e la ex Jugoslavia, durante la guerra in Bosnia
Erzegovina. Una storia in cui si intrecciano amore, amicizia, guerra, crimini e
loschi traffici di armi.
La presentazione del romanzo recita “Amerigo non avrebbe mai
dimenticato il periodo di servizio militare donato alla patria. Il ricordo lo
avrebbe accompagnato per il resto della sua vita. Dal primo giorno di
addestramento fino al giorno del congedo, passando attraverso periodi trascorsi
tra gioie e amore, tra compagni sinceri e giorni spensierati ma anche tra
cattive compagnie, crimini e straordinarie bugie. E un segreto da tener dentro
fino alla morte.” Il racconto ha una ritmica veloce e accattivante che porta il
lettore ad una lettura immediata del racconto.
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Addio all’Autogrill Pavesi di Montepulciano
L'Autogrill Pavesi di Montepulciano negli anni '70 |
Addio
all’Autogrill Pavesi di Montepulciano
di Giuliano Lenni
La ragazza, dietro al banco, mescolava birra chiara e Seven-up e il sorriso da fossette e denti era da
pubblicità; come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill, mentre i sogni
miei segreti li rombavano via i T.I.R. Ogni volta questa canzone mi
riconduce all’Autogrill Pavesi di Montepulciano, ricordandomi una ragazza che
lì lavorava negli anni ottanta e che, dalla descrizione, la protagonista del
famoso testo di Francesco Guccini potrebbe essere davvero lei. L’Autostrada
del Sole, appellativo che già di per sé evoca meraviglia, venne iniziata
nel 1956, nel pieno della rinascita italiana dopo le note vicende storiche.
Passo dopo passo furono aperte le varie tratte autostradali finché, nel ’64,
l’intero percorso entrò nella piena operatività. L’autostrada fu un’opera di
grandi proporzioni che, di fatto, segnò l’inizio concreto del progresso di una
nazione che si stava risvegliando attraverso il boom economico che, di
lì a pochi anni, avrebbe posto la nostra penisola al centro della società
internazionale. Un’opera d’avanguardia, figlia di un’Italia operativa e
desiderosa di riscatto, in cui l'abilità e la maestria italica si espressero al
meglio. Nell’immediato dopoguerra si era sviluppata la necessità di collegare,
sia idealmente che materialmente, il popolo italiano e la costruzione di una
via lunga 800 chilometri lungo lo stivale, rappresentava un’occasione da non
perdere al fine di progredire sia dal lato sociale che da quello economico. La
costruzione dell’Autostrada del Sole fu un evento così importante da smuovere
grandi interessi economici e coscienze e divenne un punto fermo nella storia
d’Italia. Il tratto che attraversa la Valdichiana venne inaugurato nell’estate
del 1964 e, tre anni dopo, Mario Pavesi inaugurò “l’Autogrill dei sogni”
nato dal geniale architetto Angelo Bianchetti, creando un’attrazione per tutti
gli abitanti dell’intera area, tanto da divenire, nel tempo, un punto di
riferimento ideale. Famiglie intere si radunavano per veder sorgere quel
miracolo di ingegneria e architettura e, chi poteva, scattava qualche foto a
futura memoria, per omaggiare la costruzione “più ardita del mondo”. La
domenica i genitori portavano i propri figli a comprare oggetti mai visti fino
ad allora, rischiando di sbattere contro i lucidi e trasparenti vetri divisori.
Con il passare degli anni, pur cambiando nome, la popolazione circostante è
rimasta legata alla Pavesi, un luogo ricordato nella vita di molti. Dal 18
ottobre 2021 la Pavesi non c’è più. Quel piccolo sogno americano lascerà spazio
a due più funzionali, dicono, strutture moderne. Intanto molte persone, che si
sono radunate nei paraggi per seguire le opere di demolizione a significare
quasi una veglia ad un compagno di vita, hanno dato un ultimo saluto a quello
che è stato un luogo del cuore. Qualcuno dice che sia spuntata anche una
lacrima.
Sotto l'ala dell'aquila di Giuliano Lenni | Romanzo
ANTEPRIMA | PRESENTAZIONE TV | RECENSIONE | PREMI
Sotto l'ala dell'aquila
Romanzo di Giuliano Lenni
Colui al
quale confidate il vostro segreto, diventa padrone della vostra libertà.
FRANÇOIS
DE LA ROCHEFOUCAULD
Amerigo non avrebbe mai dimenticato
il periodo di servizio militare donato alla patria. Il ricordo lo avrebbe accompagnato
per il resto della sua vita. Dal primo giorno di addestramento fino al giorno
del congedo, passando attraverso periodi trascorsi tra gioie e amore, tra
compagni sinceri e giorni spensierati ma anche tra cattive compagnie, crimini e
straordinarie bugie. E un segreto da tener dentro fino alla morte.
Sotto l'ala dell'aquila è il nuovo
romanzo di Giuliano Lenni, uscito sia in formato cartaceo che eBook.
Un libro in cui si parla di un
giovane ufficiale paracadutista che, durante il periodo di leva, si ritrova in
un losco giro di traffico di armi tra l'Italia e la ex Jugoslavia, durante la
guerra in Bosnia Erzegovina. Una storia in cui si intrecciano amore, amicizia,
guerra, crimini e loschi traffici di armi. Il romanzo ha una ritmica veloce e
accattivante che porta il lettore ad una lettura immediata del racconto.
ANTEPRIMA | PRESENTAZIONE TV | RECENSIONE | PREMI
Il buon pastore
La fontana di Poggiofanti a Montepulciano
di Giuliano Lenni
La costruzione dei Giardini di
Poggiofanti ebbe luogo dal 1866 al 1875 per assurgere, fin da subito, a luogo
di passeggio prediletto da poliziani e viaggiatori, vista la vicinanza
immediata all’esterno delle mura delimitate da Porta al Prato, nella parte nord
della città di Montepulciano. I lavori procedettero con la lentezza tipica di
quei tempi, per il fatto che gli operai avevano a disposizione pochi mezzi di
lavoro per trasferire l’enorme quantità di terra che veniva tolta e messa lungo
quelle che poi sarebbero divenute le scarpate che conosciamo oggi e che, man
mano, sorgevano nei dintorni. Con il passare degli anni i giardini vennero
creati, con le aiuole, i viali e poi la cancellata donata dai conti Bastogi. Il
caso volle che, verso la fine dei lavori, piovve ininterrottamente per tre
giorni e tre notti. Quando gli ingegneri, passata l’enorme tempesta, si
recarono a fare un sopralluogo degli eventuali danni provocati dalla pioggia,
furono contenti di non trovare particolari criticità ma si trovarono di fronte
ad una vasca rotonda e profonda circa un metro, in cui si era raccolta parte
dell’acqua piovuta. Ma la più grande meraviglia venne suscitata dal fatto che,
tra le torbide acque, nuotassero un numero considerevole di pesciolini rossi.
Il fatto ebbe un tale clamore che molti cittadini, gridando al miracolo,
chiesero la creazione di una fontana. Fu così che la vasca venne delimitata
dalle pietre e dalla balaustra in ferro giunta fino a noi. In più venne
costruita una tubazione per l’acqua corrente e uno sfioro per togliere le
impurità, così da renderla chiara e limpida per la felicità dei pesci rossi che
la abitavano. L’acqua che sfiorava fu convogliata in una tubazione che
conduceva all’abbeveratoio, una vasca posta nella vecchia piazza del mercato, nella
quale gli animali si potevano dissetare durante il loro passaggio, per vari
motivi, a Montepulciano, unendo così l’utile al dilettevole. Da allora dalla
fontana non ha mai smesso di sgorgare acqua limpida, anche se i pesciolini
rossi non ci sono quasi più e l’abbeveratoio è stato sostituito dall’uscita di
un anonimo parcheggio.
Il giorno dopo
L'ombra del lupo
"Il Racconto nel Cassetto"
Premio Città di Villaricca XV Edizione (SEZIONE RACCONTI)
Quelle campane
Un Bruscello dedicato a Sant'Agnese nel 700 anniversario dalla morte
“Buonasera signore e signori, benvenuti al nostro bruscello…”. Inizia con questa ormai celebre frase il Bruscello Poliziano, che va in scena all’ombra del maestoso Duomo di Piazza Grande. Infatti, è dal lontano 1939 che la Compagnia Popolare del Bruscello propone, nelle calde sere di mezza estate, questo classico spettacolo derivante dall’antica cultura contadina, la quale ci regala ancora una volta una tradizione popolare che è, di fatto, uno spaccato di vita quotidiana dei tempi andati che, grazie all’impegno costante dei “bruscellanti”, resiste ancora oggi viva e lucida anche nella mente dei giovani, deputati a tramandare ai posteri gesta e storie raccontate in versi di Pia dei Tolomei, Margherita da Cortona, Ghino di Tacco, Giulietta e Romeo, Il Poliziano, Sant’Agnese, tanto per citarne alcuni, in un intreccio d’amori, battaglie e leggende. Il termine Bruscello deriva dalla trasformazione popolare della parola arboscello, che era ed è tuttora l’elemento decorativo e simbolico della rappresentazione. Il territorio di Montepulciano è da secoli una culla di tradizioni legate al festeggiamento di ricorrenze particolarmente sentite dal popolo e riconducibili alla vita terrena dell’uomo nella sua campagna, da cui dipendevano stagione dopo stagione e, proprio il Bruscello, è forse la rappresentazione più sentita di quel tempo che fu. Il Bruscello delle origini veniva cantato in momenti di svago, quando, gruppi di giovani, in tempo di Quaresima o durante il Carnevale, andavano di podere in podere, o agli incroci, o sui sagrati delle chiese, dove si ritrovava la gente, improvvisando scene guerresche o d’amore, che ammaliavano tutti coloro che vi assistevano e che, dopo una scenetta drammatica o divertente, donavano denari o vettovaglie con le quali gli improvvisati e divertenti attori organizzavano una grande festa finale. I vari personaggi che si intersecavano nella storia, sia maschili che femminili, erano interpretati da uomini, e i testi venivano cantati con la evocativa musica dall’organetto, accompagnato dai tamburi, violini, chitarre e flauti. I Bruscelli, che andavano in scena principalmente nei giorni festivi, vedevano i bruscellanti, arrivare in corteo al podere, nella piazza principale del paese, sul sagrato della chiesa o ad un incrocio, con in testa il “Vecchio del Bruscello”, che portava l’arboscello, seguito dai musicisti. I bruscellanti, disponendosi in semicerchio, cantavano in coro e da soli secondo l’argomento. Dopo aver fatto divertire tutti i convenuti con sberleffi e battute, o averli commossi con storie tragiche, all’ombra dell’arboscello che drizzavano al centro, la compagnia si trasferiva in un'altra sede con allegria e spensieratezza. Le storie che venivano interpretate nel Bruscello erano molto sentite dagli spettatori, che prendevano parte alla recita imparando a memoria le frasi recitate dai bizzarri attori, schierandosi a favore di un personaggio o di un altro, favorendo di solito chi aveva subito il torto o l’ingiustizia dall’arrogante e potente signore. Questo sistema di “fare il Bruscello” è durato fino alla fine degli anni ’50, quando la Valdichiana è rimasta orfana delle grandi famiglie e dei molti abitanti che affollavano i poderi, dopodiché le tradizioni popolari sono scomparse o hanno dovuto trasferirsi dentro le mura cittadine. Ciò vale solo in parte per il Bruscello poliziano, che è sopravvissuto allo spopolamento delle campagne per aver compiuto una fondamentale operazione di avanguardia, trasferendosi in Piazza Grande nel 1939 iniziando ad evolversi e quindi continuando a vivere al di là della scomparsa della tradizione; giungendo fino a noi mutato sì nella scenografia, nei costumi, per la presenza delle luci, etc., ciò fu necessario per andare incontro alle necessità di un pubblico più vasto ed esigente, diventando così spettacolo a volte epico, a volte drammatico, a volte farsesco, con episodi creati dalla fantasia popolare o realmente accaduti, attinenti alla storia o alla letteratura, ma rimanendo comunque legato alla sostanza dei temi che da sempre hanno alimentato la fantasia popolare e che rimangono il vero amalgama della continuità della tradizione popolare. Con il tempo, soprattutto per opera di don Marcello, i testi si sono arricchiti di nuove storie e avvenimenti, accompagnati dalla stessa musica costruita su motivi tradizionali, una sorta di cantilena presente in tutte le rappresentazioni popolari della Toscana e plasmabile sulle varie interpretazioni a secondo dell’inflessione della voce, modulata ad arte dal cantastorie, dallo storico e dagli attori a buon bisogno. Il sopra citato “Vecchio del Bruscello”, che era il personaggio di spessore della compagnia, portava l’arboscello e introduceva la storia dando inizio alla rappresentazione, con il tempo è stato sostituito dal “cantastorie” e dallo “storico” che sono divenuti i personaggi su cui ruota tutta la compagnia degli attori e delle comparse. Il più famoso cantastorie del Bruscello Poliziano è stato Arnaldo Crociani, conosciuto con il soprannome di “osso”, un personaggio che ha segnato in modo indelebile la storia del Bruscello, così come lo storico Alfiero Tarquini, che ha sostituito il babbo Angiolino detto “fagiolino”, presente fin dalla prima edizione. “Un ricordo particolare va ad un grande personaggio che la Compagnia del Bruscello incontrò arrivando nella piazza principale della città: Fausto Romani, meglio conosciuto come “Mence”, un baritono dallo splendido timbro vocale che per lungo tempo è stato il protagonista maschile di tutti i Bruscelli, realizzando anche le scenografie di molti allestimenti” (cit. Mario Morganti). La famiglia Romani, dopo il Mence, è rimasta legata in modo costante al Bruscello con suo nipote Franco, il “pipas”, oggi regista, scenografo e dirigente della Compagnia. Franco è stato presidente dell’Istituto Comunale di Musica e del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, fondatore e direttore artistico dell’Arteatro Gruppo è l’ideatore del premio poliziano alla cultura “Sganarello d’oro” ed è autore di diversi spettacoli per bambini oltre che del Bruscello del 1998, “Del Pecora”. Da segnalare Sant’Agnese la Santa di Montepulciano, messo in scena per onorare il settimo centenario della morte dell’amata Santa Poliziana. Franco Romani ha diretto l'ennesima rappresentazione popolare sotto forma di Bruscello, che ha visto alla regia Marco Mosconi, al debutto in questa veste. Sono sicuro che alla fine dello spettacolo, il cantastorie congederà il pubblico, come fa da sempre con la celebre strofa: “Buonanotte, voi giù che ascoltate, per quest’anno il Bruscello è finito. Grazie a tutti, signori, e scusate, se un po’ tardi vi mando a dormir. Ecco termina il dramma ed il canto, che avrà fatto gioir più d'un cuore; forse è troppa la gioia, poco il pianto ma è la vita ch'è fatta così!”. Così dicendo, farà calare il sipario sull’ultimo spettacolo andato in scena, dando spazio ai Bruscelli futuri, nel segno della continuità e della storia della tradizione popolare legata alla nostra terra e alla nostra civiltà.