quelle campane
di Giuliano Lenni
Mi ricordo Padre Marco giovane
studente del seminario. Non ho un ricordo nitido o preciso, mi sovviene come in
un lontano sogno, tanto ero piccolo. La parrocchia era pervasa da giovani
provenienti da luoghi diversi, in un momento di aggregazione che ha fatto
crescere generazioni di uomini e donne all’ombra del grande cedro posto in
mezzo al giardino del chiostro. Anch’io sono un uomo cresciuto lì, ho fatto il
chierichetto e ho accompagnato Padre Loi e lo stesso Padre Marco a benedire le
case dei parrocchiani prima di Pasqua. Mi rivedo ancora con gli altri bambini a
scorrazzare per il chiostro e a tirare i primi calci al pallone nel campetto
sterrato, mentre i ragazzi più grandi suonavano e cantavano nelle stanze
adiacenti, poste lì a loro uso e consumo in maniera gratuita. A quel luogo sono
sempre rimasto affezionato e riconoscente, cosciente del fatto che mi ha offerto
la possibilità di crescere con buoni principi e la voglia di prodigarmi anche
per il prossimo. Negli anni mi sono allontanato dalla Santa di Montepulciano,
ma mai abbastanza da non ritornare lì dove ero cresciuto sereno e felice. Poi
l’età adulta mi ha donato una figlia che, guarda caso, ho chiamato Agnese, in
onore di quella minuta e fortissima donna che ha costruito e dato il nome al
Santuario. Quel 27 aprile le campane suonarono a festa, come in mille e mille
altre occasioni. Molte altre volte hanno suonato per i tristi eventi della
vita, sempre e comunque ricordando alla comunità che lei era lì, eterna, pronta
a consolarci e a cercare di esaudire, per quanto possibile, le nostre
richieste. Nel corso del 2017 i pochi frati rimasti al Santuario si sono dati
da fare per celebrare i 700 anni dalla morte di Sant’Agnese e, nel 2018, hanno
celebrato i 750 anni dalla nascita della Santa. Lo hanno voluto impegnandosi fortemente
e coinvolgendo in maniera discreta e silenziosa, come appartiene al loro stile,
anche gran parte della cittadinanza poliziana. E poi feste e manifestazioni in
onore della Santa accompagnano la vita della città del Poliziano durante tutto
l’anno, segno di grande devozione dei cittadini alla loro copatrona.
Nell’estate del 2018, un vero e proprio fulmine a ciel sereno, ha squarciato il
cielo sopra il Santuario di Sant’Agnese, facendo intravedere la terribile
faccia del dragone di fuoco che ancora una volta prova a fermare con tutta la
forza del suo alito poderoso la piccola e indifesa Agnese, che oggi non ha più
la forza di ostacolarlo. E allora il frutto della sua fede e della sua tenacia,
nel costruire pietra su pietra, con estrema fatica e dolore la sua chiesa a
futura memoria, sembra esaurirsi in una scelta di uomini poco illuminati dal
suo insegnamento. Frati rimossi come pedine su uno scacchiere virtuale,
convento chiuso, chiesa chiusa. Ah, sì, diranno di tanto in tanto qualche
messa, contentino dovuto. Queste scelte sono frutto non solo di decisioni prese
dai padroni del Santuario, come mi è stato riferito personalmente, ma sono
frutto anche di questo modaiolo ateismo che sta affossando la nostra cultura e
sta portando alla deriva la nostra malata civiltà. Forse non sentiremo più
cantare quelle campane, forse le hanno legate per sempre in questo silenzio
assordante. Non so se questa mia riflessione cadrà nel vuoto, d’altronde hanno
già deciso, ma anche se sarò il solo a pensare che la chiusura del Santuario di
Sant’Agnese da Montepulciano sia un errore fatale, voglio provare a difendere
questa immensa donna poliziana, proprio in un periodo storico in cui l’altra
metà del cielo è presa d’assalto da scellerati preconcetti e odiosi crimini.
Voglio fare questo, facendo mia una citazione del Dalai Lama “se pensi di
essere troppo piccolo per fare la differenza, prova a dormire con una zanzara”.
Non riuscirò a non far dormire sonni tranquilli a chi ha il potere di evitare
questo scempio, in compenso io dormirò su un cuscino di seta e libero da
fastidi notturni. Non ho desideri da esaudire, ho solo l’urgenza di una breve
preghiera: “Campane, vi prego, tornate a suonare”.