L'ombra del lupo

L’ombra del lupo
Di Giuliano Lenni
Il cacciatore fu trovato cadavere con ancora il fucile stretto tra le mani. Nel volto una smorfia di dolore e una profonda ferita sul collo spezzato. L’impronta dei denti aguzzi non dava adito ad errate interpretazioni. Era stato il violento morso di un lupo a causarne la morte. Ma come era successo visto che il corpo si trovava all’interno di un capanno da caccia, con la porta chiusa dall’interno? Qualche tempo prima, in una fessura rocciosa del fitto bosco, un lupo femmina e il suo compagno, avevano visto nascere i loro cinque lupacchiotti, due maschi e tre femmine. Dopo la primavera i cinque fratellini erano divenuti già robusti e in grado di gestirsi da soli nella fitta boscaglia. Ad autunno avrebbero già cominciato a cacciare con gli adulti e, pertanto, dovevano essere catturati prima per venderli agli zoo che ne facevano costante richiesta. L’estate era inoltrata ed il caldo umido invadeva la prateria che conduceva verso il fitto bosco. I cacciatori erano in tre e procedevano in fila indiana, accompagnati da un piccolo cane segugio adatto a seguire le piste delle lepri.  Erano tre esperti bracconieri che andavano in cerca di giovani lupi da rivendere a buon prezzo ai proprietari di zoo che gliele avevano richiesti. Si soffermarono e si voltarono indietro per vedere il percorso che avevano fatto fino ad allora, approfittarono per bere un sorso di acqua dalle borracce. Poi si inoltrarono nella fitta boscaglia e cominciarono a fare attenzione ai vari elementi che li avrebbero condotti nei pressi del luogo in cui i lupi gravitavano. Avevano il fucile ma non era loro intenzione usarlo, lo portavano solo per necessità in caso di difesa. Quello che a loro interessava era la cattura dei lupacchiotti che avevano la giusta età per essere venduti. Passarono la mattina a osservare il bosco, facendo attenzione ai dettagli che potevano svelare la presenza dei lupi. Il segugio, abituato a seguire l’odore delle lepri, non era di molto aiuto, anche se a volte si fermava e fissava un punto, come se avesse sentito un rumore che aveva attratto la sua attenzione. I tre, verso mezzogiorno, si fermarono in una piccola radura, per consumare velocemente il pasto che si erano portati da casa. Pane e prosciutto, formaggio e, per finire, un bel caffè ancora caldo nel thermos. Anche il piccolo segugio ebbe la sua razione di pranzo, oltre a qualche bocconcino che i cacciatori gli offrivano di tanto in tanto. Dopo la breve pausa ripartirono alla ricerca delle tracce. Il caldo soffocante costringeva i tre uomini a frequenti brevi soste, per respirare e bere un sorso d’acqua, mentre il loro segugio sembrava non stancarsi mai e, loro, lo guardavano ammirati e divertiti. Verso l’imbrunire, non avendo ancora trovato tracce dei lupi, gli uomini decisero di organizzarsi per trascorrere la notte nel bosco, avrebbero avuto un po’ di refrigerio almeno. Piazzarono i tre sacchi a pelo e la coperta per il loro fedele amico sotto ad una grande sporgenza della roccia, si tolsero gli stivali e i pantaloni e si sdraiarono per riposarsi da quella faticosa giornata. Non potendo accendere il fuoco o cucinare alcunché, per non farsi scoprire dai furbi lupi, mangiarono pane e salumi che avevano nel tascapane, concedendosi una birra ciascuno. Il segugio, anche lui sazio, se ne stava accucciato sulla sua coperta, mentre gli uomini parlavano a bassa voce, stiracchiandosi sorridendo. La notte trascorse nel dormiveglia, visto che, di tanto in tanto, il cane abbaiava all’improvviso, svegliando di soprassalto i tre cacciatori che già dormivano poco volentieri in quel fitto bosco ricolmo di rumori strani. Alle prime luci dell’alba i quattro erano già vestiti e pronti per il secondo giorno di ricerca. Il cane partì di corsa per una sgambata mentre i cacciatori, zaino in spalla, presero i fucili e proseguirono verso la vetta della montagna. Ne avevano di strada da fare. Arrivati verso la parte più alta della montagna si fermarono per riprendere fiato e per mangiare una po’ di cioccolata, che avrebbe garantito loro gli zuccheri per la fatica che stavano facendo. D’un tratto videro correre il loro fedele segugio verso un picco poco distante. Si allarmarono e corsero anche loro per vedere cosa avesse destato l’attenzione del cane. Arrivati in prossimità dello strapiombo notarono due grossi lupi immobili su una roccia con cinque lupacchiotti che stavano giocando. In quel mentre sopraggiunse il segugio che, avendo visto i piccoli, cercava di attrarre la loro attenzione per divertirsi con loro. Ma il lupo maschio non era d’accordo con il piccolo segugio e, con un balzo, lo raggiunse e, con un solo morso, lo uccise, trasportandolo poi nella tana. Sarebbe stato lui il pasto della famiglia dei lupi per quella giornata. I tre cacciatori rimasero impietriti da quella scena. Ma non fecero nulla, ormai il cagnolino si era sacrificato per loro, che avevano avuto così la possibilità di scovare il rifugio dei lupi. Nel pomeriggio, facendo attenzione a non fare il più piccolo rumore, i tre bracconieri piazzarono le reti nei punti strategici, in modo da catturare più lupacchiotti possibile e, poi, andarsene. A turno, i tre cacciatori, rimasero di vedetta nei pressi della tana, in modo da allarmare gli altri allorché i lupi fossero usciti dal nascondiglio dopo il riposo pomeridiano. Verso le sei del pomeriggio la famigliola uscì dalla tana. Il cacciatore più anziano sparò a mamma lupa che, dopo una breve fuga, si sdraiò a terra ferita a morte. I cinque lupacchiotti corsero via atterriti, ma caddero miseramente nelle trappole poste dai cacciatori così da rimanere tutti prigionieri. I tre cacciatori si guardarono intorno, non vedevano più il grosso maschio e questo era un buon motivo per restare preoccupati. Nonostante la paura i tre cacciatori sedarono i cinque fratellini e li deposero in apposite reti per poi andarsene il più velocemente possibile lontano da quel luogo terribile. Quando, verso notte, furono fuori dal bosco si fermarono ansimando, e si gettarono a terra esausti, felici per il grosso colpo portato a termine ma con un ombra nel cuore per aver perso il loro segugio. Prima di ripartire uno dei cacciatori, il proprietario del cane ucciso dal lupo, chiese agli altri due di trasportare i lupacchiotti verso le gabbie che li attendevano nel furgone lasciato ai margini del bosco. Lui sarebbe tornato per finire il lavoro iniziato. Voleva uccidere il grosso maschio che aveva azzannato il suo piccolo amico a quattro zampe e voleva farlo da solo. I due amici lo implorarono di non tornare da solo lassù, ma egli fu irremovibile. In men che si dica il cacciatore fu nuovamente nel luogo del misfatto e, nottetempo, costruì un piccolo capanno con i pezzi di legno trovati in loco. Chiusosi all’interno del capanno si rilassò, caricò il fucile a pallettoni e si mise in attesa di completare il suo lavoro. Di tanto in tanto il bosco emetteva strani suoni che destavano la sua attenzione, la luna piena favoriva una buona visuale del sottobosco e non avrebbe certo mancato la sagoma del lupo, appena ne avesse avuta la possibilità. Voleva a tutti i costi vendicare il suo cane. Si appisolò un attimo e si risvegliò di soprassalto, stanco ma determinato. Scorse un’ombra sopra la sua testa e rabbrividì. Era troppo tardi. 
"Il Racconto nel Cassetto"
Premio Città di Villaricca XV Edizione (SEZIONE RACCONTI)