Acquaviva di Montepulciano-Chiesa di San Vittorino
la stagione del cuore
di Carla Bastreghi
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E poi arriva il carro
funebre della Misericordia, con quattro uomini che conducono la bara di fronte
all’altare della chiesa principale del piccolo paese. Là dentro c’è una signora
anziana che da molto tempo lottava contro una serie di problemi di salute che
alla fine, in un nebbioso pomeriggio autunnale, l’hanno ricondotta al padre. La
chiesa è gremita di persone che l’hanno conosciuta durante varie stagioni di
vita, tra cui la figlia e l’inconsolabile marito. E ci sono anch’io, una parente
che ha condiviso un po’ di strada con la signora che ora non è più. E’ proprio
vero che da adulti ci rincontriamo solo in occasioni speciali, ma il funerale è
una di quelle opportunità che non hanno niente di felice, se non ripensare alla
persona defunta e con questo mantenerla in vita. Il pensiero corre incontro
alla mia infanzia, quando abitavo in un grande casolare di campagna con babbo e
mamma, circondata da cose e persone che oggi faccio fatica a rammentare se non
in qualche ricordo occasionale, che si manifesta sempre come qualcosa che mi
stringe lo stomaco e mi lascia per un attimo un po’ così, sospesa tra passato e
presente, a ricordare ingenue sensazioni e facce sfuocate. Questa volta però è
diverso, non so perché, voglio mettere alla prova la mia memoria e vedere se c’è
qualcosa d’inaspettato, cui non avevo mai fatto caso e, durante l’omelia, mi
ritrovo nell’ingresso della mia vecchia casa, con il pavimento di mezzane a
lisca di pesce e un buon odore di roba buona da mangiare. Ho appena lasciato
due delle mie amiche dopo aver fatto un giro in bicicletta alla ricerca di
funghi e noci e trovo i miei genitori a scaldarsi di fronte alla stufa. La
mattina aveva piovuto e così nessuno dei due era potuto andare al lavoro, la
giornata che preferivo. L’odore di roba da mangiare era costituito dal dolce
che la mia mamma aveva preparato nel forno e adesso me lo offriva ancora caldo
e fumante. Rincorro le sensazioni e ora la mente corre lungo il filo della
nostalgia e mi rivedo con Lena a parlare, nelle sere d’estate, al fresco della
cantina del seminterrato, dove il caldo estivo era più sopportabile. Vengo
ridestata dai miei pensieri quando tutti si alzano in piedi e mi guardo intorno
per capire se qualcuno ha percepito i miei ricordi nostalgici e, mentre mi
accorgo che un altro pezzo di una mia stagione di vita se n’è andato via, in
silenzio, mi asciugo una lacrima.