La lunga strada bianca conduceva dritta verso una costruzione diroccata. Un piccolo castello, con tanto di merletti e torre, posto in una zona a nordovest della provincia senese. Alcuni raccontano di strani rumori che nottetempo provengono dai sotterranei, ancora intatti in modo inspiegabile rispetto al resto della struttura fatiscente. Amerigo era un cacciatore esperto e attento, proprietario di una bella spinone che lo accompagnava sempre durante le sue battute di caccia tra i boschi e campi di maggese. Percorse la lunga strada piano piano e dopo un’oretta era arrivato di fronte a quello che un tempo doveva essere un piccolo ponte levatoio sotto il quale scorreva l’acqua che invadeva il fossato tutt’intorno alla struttura. Non c’era mai stato in quella zona e voleva spendere quella domenica pomeriggio proprio a curiosare nei dintorni del castello, anche perché non aveva voglia di correre dietro a qualche animale selvatico visto che la sera prima aveva preso una piccola storta alla caviglia destra mentre dava da mangiare alla sua Hope. Appena arrivato, si sedette in una roccia di fronte all’ingresso del vecchio castello ed estrasse dal tascapane un panino con la frittata e una boccetta d’ acqua e vino. Mentre mangiava ,di tanto in tanto, tirava qualche bocconcino alla fedele amica che stava davanti a lui scodinzolante. A un certo punto, un’ improvviso nuvolone nero si addensò sopra di loro ed enormi goccioloni cominciarono a piovere copiosamente. Amerigo e Hope corsero dentro all’edificio per ripararsi dall’improvviso acquazzone e restarono un bel po’ nel cortile fianco a fianco. Il cacciatore si era annoiato di questa sosta forzata e, alzatosi, si addentrò tra i monconi di pietra e vecchie porte divelte. Vide un passaggio che procedeva all’ingiù curvando verso destra e decise di accedervi, mentre il cane rimase sdraiato in quello che una volta era la corte del castello. Amerigo trovò curioso che la porta di legno che gli apparve di fronte fosse così ben conservata rispetto al resto della struttura e rimase ancor più meravigliato quando la porta, cigolando, si spalancò a mostrare che dentro tutto era ben curato come se fosse abitato. Entrò e capi che quella era la scuderia del castello, si mosse in avanti e rimase pietrificato nel vedere che un cavallo era in un box, privo di vita, imbalsamato e con coda e criniera agghindate con piccole trecce che penzolavano dal collo e dal posteriore. Il cavallo sembrava vivo, gli occhi splendevano come pietre preziose e i finimenti erano perfetti. Amerigo, incuriosito toccò il cavallo sulla stella che aveva in fronte e, come per magia, il bellissimo stallone si polverizzò, facendo balzare all’indietro Amerigo, che corse affannato fuori dalla stalla. Si voltò e notò che i sotterranei si erano sgretolati e ora apparivano come il resto del rudere. Il cacciatore chiamò a lungo Hope, senza esito. Alla fine si decise a incamminarsi verso casa. Dopo aver percorso qualche centinaio di metri, si accorse che il paesaggio tutt’intorno non assomigliava a quello che lui era abituato a vedere. La casa che un suo amico aveva costruito sulla collina non c’era e, quando arrivò alla strada principale, scorse che non era asfaltata ma fatta di ghiaia. Non riusciva a riconoscere nulla e anche la strada di casa era introvabile. Era disperato, la testa confusa e il fiato corto. Si svegliò mentre Hope lo stava leccando sul viso, aveva spiovuto e lui aveva fatto un brutto sogno, suggestionato dalle dicerie e dai racconti su quel luogo. Barcollando si alzò, dette un’occhiata in giro e si ripromise di non tornare più in un posto così impressionante. Il castello è sempre al suo posto e, stranamente, da allora nessuno più ha udito strani rumori provenire dai sotterranei.