Grazie Gianfranco!

Sabato 17 gennaio è stata una serata davvero speciale, poiché è stato ricordato Gianfranco Secchi, il mitico topo o topolacchio che dir si voglia, un personaggio imperdibile per un vero poliziano. L’occasione ci è stata regalata da Franco Romani e da un gruppo di attori teatrali improvvisati e no, che hanno messo in scena, al CantinoneArte, una pièce teatrale giocosa e piacevolmente scurrile dal titolo inequivocabile: “Ifigonia in culide”, strutturata come la tragedia greca Euripidiana “Ifigenia in Aulide” sulla base della storia della Tourandot di Gozzi. Ifigonia, illibata, chiede al padre di trovarle un marito. Il Sovrano, dietro consiglio del gran sacerdote, decide che gli aspiranti sposi dovranno risolvere un indovinello che la figlia le proporrà al fine di avere la propria mano. Si presentano gli aspiranti sposi. I primi tre non riescono a risolvere l’indovinello e vengono cacciati malamente da corte, mentre il quarto, riuscirà ad ottenere la mano di Ifigonia. Ma il destino avverso attende Ifigonia che, stanca di aspettare la consumazione del matrimonio, scopre che il marito non può avere nessun rapporto sessuale con lei, essendo privo dell’organo genitale. Ifigonia impazzita dal dolore, si suicida buttandosi nel water. La goliardica rappresentazione è stata preceduta da due ricordi di Gianfranco Secchi, una piccola mostra fotografica che lo ritrae nei ruoli che via via ha interpretato in vari spettacoli, e da una interpretazione, da parte di Giovanna Vivarelli, della poesia “Lamento per Ignacio Sanchez Mejias” di Garcia Lorca che il topo declamava volentieri. I simpatici attori hanno magistralmente rappresentato la tragedia che Gianfranco soleva interpretare da solo in compagnia di amici, regalando ai pochi “invitati speciali” una serata indimenticabile come la persona a cui è stata dedicata.

Il funerale della Compagnia Bianca


In una notte fredda e buia del 1922,

successe qualcosa di apparentemente inspiegabile.

Come accadeva spesso durante le sere invernali, Luigi si era recato a veglia da alcuni amici presso un podere ai Battenti, una rinomata località vicino a Montepulciano. Una sera tranquilla in cui pedalava velocemente immerso nell’aria fredda e asciutta di metà gennaio. Le macchine erano appannaggio dei signori e i soli mezzi di locomozione erano la bicicletta o le gambe abituate e svelte. Arrivato a casa degli amici, gli offrirono subito un buon bicchiere di vino a scaldare i suoi muscoli indolenziti dalla rigida temperatura. Quella fu l’unica dose di alcol che il nostro mise nello stomaco essendo mezzo salciaiolo, che nel dialetto toscano vuol dire uno che beve solo per necessità, preferendo l’acqua al vino. Dopo varie partite a carte e chiacchiere intorno al focolare, alle due di mattina Luigi si rimise in cammino verso Montepulciano, in cui abitava solo con la moglie, poichè i figli si erano sposati molti anni prima. Il giorno dopo era domenica e quindi poteva rincasare più tardi del solito, visto che non andava a lavorare. Il silenzio della notte lo avvolgeva e ciò che sentiva erano solo le sue pedalate ed il cigolio della sua bi-ruote. Quando fu all’altezza della chiesa di San Martino, dovette rallentare bruscamente, in quanto una Compagnia stava conducendo una bara a spalla, in un tipico trasporto funebre del tempo, con tanto di camerlengo che con due battiti di mani faceva alternare i quattro portantini ad ogni tratto di strada definito. Il nostro Luigi scese di bicicletta e visto che si trovava nel punto più stretto della strada, si strinse addosso alla grotta tenendola in collo per far passare quella piccolissima processione nella quale non gli sembrò di riconoscere nessuno dei tre ben vestiti accompagnatori. Il piccolo corteo passò veloce e silenzioso così che, appena lo spazio glielo permise, Luigi rimontò in sella e, sbigottito, fece ritorno a casa. Svegliò subito la moglie e gli raccontò ciò che aveva appena vissuto, ma la donna dormiva della grossa e biascicò qualche parola confusa di protesta. Allo sconsolato Luigi non gli riuscì di prendere sonno e al mattino, quando la moglie si svegliò e poté ascoltarlo, raccontò tutto d’un fiato quello che gli era accaduto. “Te lo dico sempre io d’ andà a letto prima la sera!” fu la risposta divertita della moglie. Ma lo zio Gigi non si dette per vinto e, dopo essersi cambiato d’abito, andò in piazza per sentire se qualcuno sapeva qualcosa in più, ma c’era un problema, aveva paura di fare una brutta figura a raccontare quello che aveva visto, temendo di essere preso in giro dagli amici, per cui si informò solo su chi era deceduto ultimamente, ma non risultavano funerali da tre giorni! Passò del tempo e Luigi non rammentò più di quella notte, anche se quando andava dai sui amici ai Battenti, quando ritornava, provava una strana sensazione a ripassare davanti alla chiesa di San Martino. Luigi morì sei anni dopo, nel 1928, portandosi con se un mistero che non seppe mai spiegarsi, ma che conteneva in se un fatto realmente accaduto. Di fatto un giovane ufficiale dell’esercito, figlio di un ricco nobiluomo fiorentino che aveva un possedimento a Montepulciano, era stato dichiarato disperso durante la prima guerra mondiale, e tutti i suoi averi erano stati divisi tra i sui due fratelli ed una sorella. Ma nell’inverno del 1922, il giovane ufficiale tornò improvvisamente a Firenze e rivendicò i sui beni che ormai erano stati dilapidati dai disgraziati fratelli che, a tal punto, rischiavano di essere condotti davanti al giudice a rispondere di atti non legali. La paura li vinse e, in uno scatto d’ira, uccisero il povero fratello redivivo, decidendo di seppellirlo in una grotta che conoscevano fin da piccoli alle pendici di Montepulciano, adiacente alla loro villa poliziana in località San Martino. In un estremo slancio di umanità organizzarono un funerale notturno, con l’avallo di una Compagnia che lo officiò, complice l’amico camerlengo che era anche il presidente della Compagnia Bianca. Certi di non essere scorti da nessuno, a parte il nostro Luigi che non comportò alcun intralcio per loro, seppellirono lo sfortunato ragazzo e se ne tornarono a Firenze il giorno successivo. La triste storia non fu mai raccontata a nessuno, dato un giuramento tra i partecipanti. Ma la sorella più piccola scrisse tutto nel suo diario, non molto segreto, e la storia venne letta e riportata alla luce da un nipote dello sventurato ufficiale. Ma ormai non c’era più nulla da fare, tutti i responsabili di quella macabra storia erano già a far compagnia a suo zio nelle gelide tenebre della notte.

Crisi economica: una questione di fiducia

Da tempo i principali mass-media ci stanno promettendo catastrofi economiche e panorami apocalittici per i prossimi due anni, che faranno da sfondo ad una delle situazioni economiche più disastrose degli ultimi periodi economici, paragonabile solo alla tristemente famosa crisi del ’29. Un allarme continuo e ridondante che ha messo dubbi perfino ai più ottimisti investitori e consumatori, i quali preferiscono restare in attesa aspettando che la situazione si stabilizzi. I dati preoccupanti, relativi all’abbassamento del PIL dei principali paesi mondiali, ci sono arrivati alla fine dell’anno scorso, diffondendo ciò che da tempo i più illuminati analisti andavano paventando, testimoniando una disastrosa crisi finanziaria che ben presto si è trasformata in affaticamento economico diffuso nell’intero mercato globale e che si riversa, pur in modo meno evidente, anche ai territori della nostra bella Toscana, considerati, ormai troppo leggermente, oasi felici. La politica economica di emergenza, adottata dai paesi coinvolti, male può fronteggiare una evidentemente profonda recessione economica. Eppure, come ci insegna la storia, anche nelle peggiori situazioni c’è chi investe coraggiosamente in innovative attività, traendo forza proprio dalla difficile situazione ed effettuando investimenti mirati, concentrandosi su nuovi orizzonti di marketing e politica puramente commerciale. Gli investimenti sono rivolti principalmente verso quei settori trainanti per un paese, come attività legate alla distribuzione di generi alimentari e servizi primari qualificati, indispensabili per lo sviluppo di nazioni e territori. Soluzioni immediate non sono facilmente prevedibili, ma abbiamo la certezza che la situazione economica negativa passerà e solo chi si farà trovare pronto avrà la soddisfazione di un ritorno economico appagante del capitale che ha investito sfruttando la naturale fantasia imprenditoriale di ognuno, meglio se accompagnata da un sostegno reale da parte delle banche che dovranno credere di più ai progetti piuttosto che restare radicate al vecchio sistema. Quindi nuovi orizzonti di ospitalità e ristorazione, due capisaldi dell’economia italica ormai non più al passo con i tempi, nuove forme di svago per accumunare grandi e piccini, un ritorno ai prodotti gastronomici legati al territorio, lontano dalla globalizzazione negativa che ci ha allontanato dalle nostre radici e una buona informazione accessibile anche da chi non ha avuto la fortuna di costruirsi una sufficiente cultura. Se dovessi per forza dare un consiglio, ai lettori direi che è questo il periodo buono per investire sul capitale immobiliare, visto che i tassi dei mutui non sono mai stati così favorevoli, mentre i frutti degli investimenti monetari sono poco soddisfacenti. Dunque un ottimismo non fine a se stesso ma ragionato, con quel coraggio delle idee che ci ha sempre contraddistinto nel corso di tanti secoli di storia.