Montepulciano: Il Caravaggio c'รจ ma nessuno lo vedeva


Il Caravaggio di nuova attribuzione, come appare dopo il restauro di Mary Lippi
Anonimo ritratto esposto in posizione infelice a Montepulciano.
Ora un esperto ha riconosciuto la mano del maestro
MARCO VALLORA
“Un nuovo Caravaggio: ancora? Ma come, ne spunta uno ogni settimana!», verrebbe spontaneo obiettare anche al neo scopritore, che รจ perรฒ uno studioso attendibile e posato come Massimo Pulini (ha scritto monografie su Guercino e Sassoferrato, insegna all’Accademia di Bologna, recentemente ha curato l’affascinante mostra di cento e piรน Giovanni Battista, a Cesena). Pulini manda in avanscoperta un curato volumetto, dal suggestivo titolo di Nero fumo (edito dalla ragguardevole casa editrice Medusa, creata da uno studioso d’arte come Maurizio Cecchetti) che nasconde in sรฉ un’insidia: ma felice.

All’apparenza pare solo il raffinato scrigno in cui racchiudere un focoso monologo, che Alessio Boni interpreterร  al Teatro Bonci di Cesena, il 7 novembre, e in cui, temibile ardimento, l’autore entra dentro la testa scossa (quasi fosse un antro abbandonato) e dร  parola a Caravaggio stesso, in un eloquio teatrale, non parodiato storicamente o finto, ma credibile e sinuoso-avvolgente, come un contorto panneggio delle sue figure, annegate di chiaroscuri. E poi, in appendice, quasi fosse una sprezzata notizia di scena, segnala (con tutti i crismi della filologia, perรฒ) la probabilissima (anche perchรฉ le immagini sono parlanti) paternitร  d’un nuovo Caravaggio. E che per di piรน rappresenterebbe un personaggio cosรฌ nodale, per lui, come Scipione Borghese.

«Io capisco la riluttanza ad accettare una nuova attribuzione e lo stupore legittimo», ammette lo studioso, «ma bisogna dire che molte agnizioni recenti sono durate lo spazio di due giorni, come il San Lorenzo, per esempio, attribuito per di piรน dalla generica formula de “i Gesuiti”, e dunque uno ha l’impressione di un al lupo al lupo di scoperte, che poi si azzerano. Qui, dopo lungo studiare, ho trovato invece dei riscontri, per ora verbali, di illustri specialisti, che mi autorizzano ad avanzare questa ipotesi come credibile».

Puรฒ anche fare i nomi. Francesco Petrucci, studioso del Ritratto romano del Seicento, non ha dubbi, e lo dimostra nella convinta postfazione di supporto. Maurizio Calvesi, soprattutto dopo aver visto la fotografia post-restauro, pare aver sciolto ogni riserva. Mina Gregori si dice pronta a visitare dal vivo l’opera, incuriosita dalla proposta di questo ritratto che lampeggia anche dalle riproduzioni. Gianni Papi, che ha curato recentemente la mostra dei caravaggeschi a Firenze, non si รจ ancora pronunciato, ufficialmente, ma ammette che, certificata dal vivo, l’attribuzione risulterebbe la proposta piรน interessante degli ultimi decenni. In cui purtroppo si รจ abbondato in inutili, se non dannose, annessioni: dannose per il nome stesso dei troppo creduli studiosi e per l’abbassarsi del livello dell’artista.

Piรน si annettono opere discutibili, piรน si finisce d’avvilirne la qualitร  del profilo. Ma non pare il caso dell’intenso ritratto che, «la cosa รจ curiosa, รจ rimasto sin dal 1861 sotto gli occhi di tutti, in un piccolo, ricco museo, quello di Montepulciano, dove nessuno l’aveva notato. รˆ vero, stava all’ultimo livello d’una quadreria, in un salone molto alto». Come a dire: ci vuole occhio (e poi prendersi la briga di ottenere una scala a pioli, convincere il cortese direttore e salire, a verificare): «Certo, stava lรฌ, sotto un bello strato di ossidazione e di ridipintura», soprattutto per quel fondale, che mostra bene il gioco, quasi un duello, di chiaroscuri. Tipicamente alla Caravaggio, in un momento di passaggio, tra la prima pittura piรน bionda e quella notturna.

Perรฒ soltanto a Pulini รจ riuscito d’intuirlo, e questo ormai piรน di otto anni fa. Non che stesse andando a caccia di Caravaggio, ma stava curando una piccola mostra a Pienza e, per destino, ecco il solito regalo assessoriale: una guida dei musei del Senese. L’occhio esperto reagisce. «Sono andato a verificare: il trattamento della pennellata nei chiaroscuri mi pareva inequivocabile». Lo scrive anche, nel volume: «Non vi รจ tuttavia una ripartizione netta, manichea, del lume e dell’ombra: un alito avvolgente rischiara guancia orecchio collo, quasi trovasse riverbero nella seta della camicia». E sulla teoria dei bottoni, d’un abito perรฒ non sacerdotale, che il restauro di Mary Lippi ha riportato in luce. Cancellando invece quella prima intuizione, che sulla spalla annerita si posasse come una toga avvocatizia. Comunque lo scatto era avvenuto.

Confrontando un busto, un tempo attribuito ad Algardi, un disegno di Bernini, un altro ritratto analogo di collezione New York, studiato dalla Gregori, ecco che il soggetto potrebbe proprio essere Scipione Caffarelli, adottato Borghese, che lo zio Camillo fa studiare (da avvocato, a Perugia) e appena sale al soglio pontificio, nel 1605, col nome di Paolo V, dopo solo due mesi, giร  nomina cardinale, «di punto in bianco, saltando ogni cursus religioso». Bello scandalo di nepotismo, epperรฒ provvidenziale tappa di storia del collezionismo. Anche teppistico: Scipione ruba una pala di Raffaello a Perugia, in cambio d’una copia. Fa arrestare con un pretesto d’archibugi non dichiarati il maestro di Caravaggio, il Cavalier d’Arpino, tanto per carpirgli i giร  preziosi quadri del pupillo. Ma รจ pur sempre il mecenate della Galleria Borghese. Che forse non aveva nessun interesse a mostrare quel ritratto giovanile, da «borghese», testimonianza troppo lampante di scalata nepotistica.