I 70 anni di Francesco Guccini: «Mi sento come i gatti di gennaio»

di Toni Jop
Come va Francesco? «Male, grazie». Male? Che ti succede? «Sono vecchio, stanco e mi sono rotto i coglioni». Non fare così, non fare così: vediamo, hai qualcosa dentro, tirala fuori, sennò è un disastro. È iniziata così, duramente, questa ultima chiacchiera con Francesco Guccini (è nato a Modena il 14 giugno 1940). Occasione anagrafica, fredda, un po’ stupida ma di rigore: il grande mago della canzone d’autore italiana compie oggi settant’anni, Cyrano compie settant’anni. Che sono niente oppure tutto, a seconda se ti trascini su una sedia a rotelle oppure vai in canoa. Lui va in canoa, quando non gliela rubano: gliene hanno portate via quattro. Poi, ci sono le cose che girano attorno a te e magari sono proprio queste ultime che si incaricano, fedifraghe, di scandire il ritmo della sabbia mentre attraversa il «vitino» della clessidra. In genere, in queste occasioni si torna a tutto quello che è stato. Abbiamo preso un’altra strada: un check-up umorale, quasi una foto istantanea di Guccini, di quelle che fra vent’anni lui guarderà e dirà: ero un bel figo anche allora.
Quindi, sputa il rospo, cos’è che non va?
«A parte il fatto che è morto da poco Renzo Fantini - storico manager e caro amico di Francesco, ndr - e che questa è una botta davvero non superata. A parte questo, c’è il fatto che sono sopraffatto dal compleanno; tutti mi saltano addosso, poi settant’anni sono tanti...»
Dipende dai punti di vista...
«Eddai, c’è chi ha più possibilità e chi ne ha meno. Io, avendo settant’anni ne ho meno. Il tempo stringe. Anzi, dopo i cinquanta hai di sicuro davanti a te meno tempo di quel che hai già vissuto...»
Non dovevi fare una grande festa?
«Sì, eliminata, e chi ne aveva voglia? Poi, sarebbe arrivata una marea di gente. Beh devo dire che la gente mi vuol bene, anche troppo. Niente torta, una cena con un po’ di parenti e fratello, poca roba...»
Diciamo la verità: hai sempre dato un peso enorme al tempo, ascoltando le tue canzoni anche le più antiche si ha la sensazione che tu ti sia sentito vecchio abbastanza presto...
«È la piega dell’epica, è la sua curvatura, come se vedessi più lontano da un paio di occhi ciechi. Ma senti un po’: ho in programma un concerto a Modena il 30 giugno, normale. Tutti mi chiamano e mi dicono: sicuro non mancherò ci vediamo a Modena. Ma è solo un concerto, come se lo facessi per il mio compleanno, ma non è vero. Sono preoccupato. Sarei rimasto sereno senza interviste...»
Grazie....
«Lascia perdere. Anche Mollica mi fatto una gran cosa. Lo fanno per tutti...»
Francesco, non basta compiere settant’anni, mettitela via: sei un bravo che piace e tutte le scuse sono buone per far festa e catalogare ricordi, i tuoi e quelli di chi si è legato a te senza chiedere permesso. Quanto al tempo, mi pari un materialista: c’è quello mentale e quello anagrafico...
«Sì, esistono tutti e due. Corrono ciascuno per proprio conto, a volte uno precede l’altro, a volte si incrociano, qui si vola alto, ragazzo...»
Ottimo, resta in aria: esprimi un desiderio...
«Vorrei stare tranquillo, leggere, dormire se possibile, che bello, ora le giornate sono lunghissime, tutto va bene, c’è il sole ma dal 21 ricomincia l’inverno e le giornate rattrappiscono...»
Avrei giurato che fossi un animale invernale ...
«Macché, sono una bestia estiva. Anzi, mi lamento: le estati non sono più quelle di una volta, quando duravano di più. Quando ero giovane ricordo che le estati erano lunghe dieci mesi, che bellezza. Invece, ecco che già inizia l’autunno. È vero che a Natale le giornate si allungano un pochino, ma novembre, cos’è novembre! Buio e giorni brevissimi!»
Attento, stai riscrivendo la canzone dei mesi...
«Giusto: sai cosa faccio? La ricanto, la rimetto in scaletta. Vecchio pezzo, l’ho scritto quando avevo 31-32 anni. Avevo un’altra visione del mondo. Si cambia, mutano alcune cose fondamentali, con la vita e con la gente...andavo a dormire tutte le sere non prima delle quattro o delle cinque di mattina...cambia per tutti, anche per te, no?»
No.
«No? Perché sei ancora un bambino...»
Senti, nonno, azzarda un bilancio...
«Di base, non va tragicamente: sto bene, sto bene con la mia compagna - Raffaella, meraviglia di ragazza, ndr - sto bene a Pavana...Bologna è cambiata, lo vedi che le cose cambiano?»
Così, vai a dormire presto...
«Sì, ma mi alzo tardi, questo è rimasto uguale...»
Giochi col tempo, fai un po’ il furbo...
«Cosa sia il tempo non lo so. È sicuro che sono uno che ha sempre l’orologio, non lo dimentico mai. Sono legato al tempo cronografico. In bagno, ho un orologio che scandisce anche i secondi. Tac tac tac: un secondo in più, un secondo in meno: non dimentico mai nemmeno il tempo che passa...»
Va bene, sei matto come un cavallo, per salvarti minerò l’orologio del tuo bagno mentre canto «Vedremo soltanto una sfera di fuoco...ma noi non ci saremo...». Lo vedi che sei un giocoliere? Eri ancora un ragazzo quando hai fottuto il tempo inchiodandolo alla tua visione...
«Ora la mia visione è il mio orizzonte fisico: due finestre, di casa mia, attorno alle quali si attorcigliano l’Emilia e la Toscana, cosicché vedo a destra quello che dovrei vedere a sinistra e viceversa. Son felice di vedere le case, i campi che un tempo erano coltivati e ora no; è più bello ammirare tutto ciò in questa stagione, soprattutto i sofficiosi boschi...ti piace questo neologismo poetico?»
Commosso. Un tenerone come te soffrirà nostalgia per quel che non è stato...
«Neanche per sogno. Ho nostalgia solo per quel che non si può più fare. Cammino bene, ma non come una volta, a quarant’anni sei più agile, me lo concederai? Ascolta: un mio amico più vecchio di me, a settant’anni si sentiva in forma smagliante, era sereno, felice, forte. Vado a fare un giro in centro, dice. In autobus c’era una bella ragazza che lo guardava, lui emozionato. Lei gli fa: “Prego si accomodi” mentre si alza. È crollato».
Coraggio: le ragazze ti guardano con begli occhi, hai sbagliato analogia...
«Dev’essere la storia del compleanno che un po’ mi stona...son come i gatti di gennaio...»
È cioè?
«I gatti di gennaio piangono e trombano dalla mattina alla sera...»
Però!
«Niente, sono solo un lamentino»