Il funerale della Compagnia Bianca


In una notte fredda e buia del 1922,

successe qualcosa di apparentemente inspiegabile.

Come accadeva spesso durante le sere invernali, Luigi si era recato a veglia da alcuni amici presso un podere ai Battenti, una rinomata località vicino a Montepulciano. Una sera tranquilla in cui pedalava velocemente immerso nell’aria fredda e asciutta di metà gennaio. Le macchine erano appannaggio dei signori e i soli mezzi di locomozione erano la bicicletta o le gambe abituate e svelte. Arrivato a casa degli amici, gli offrirono subito un buon bicchiere di vino a scaldare i suoi muscoli indolenziti dalla rigida temperatura. Quella fu l’unica dose di alcol che il nostro mise nello stomaco essendo mezzo salciaiolo, che nel dialetto toscano vuol dire uno che beve solo per necessità, preferendo l’acqua al vino. Dopo varie partite a carte e chiacchiere intorno al focolare, alle due di mattina Luigi si rimise in cammino verso Montepulciano, in cui abitava solo con la moglie, poichè i figli si erano sposati molti anni prima. Il giorno dopo era domenica e quindi poteva rincasare più tardi del solito, visto che non andava a lavorare. Il silenzio della notte lo avvolgeva e ciò che sentiva erano solo le sue pedalate ed il cigolio della sua bi-ruote. Quando fu all’altezza della chiesa di San Martino, dovette rallentare bruscamente, in quanto una Compagnia stava conducendo una bara a spalla, in un tipico trasporto funebre del tempo, con tanto di camerlengo che con due battiti di mani faceva alternare i quattro portantini ad ogni tratto di strada definito. Il nostro Luigi scese di bicicletta e visto che si trovava nel punto più stretto della strada, si strinse addosso alla grotta tenendola in collo per far passare quella piccolissima processione nella quale non gli sembrò di riconoscere nessuno dei tre ben vestiti accompagnatori. Il piccolo corteo passò veloce e silenzioso così che, appena lo spazio glielo permise, Luigi rimontò in sella e, sbigottito, fece ritorno a casa. Svegliò subito la moglie e gli raccontò ciò che aveva appena vissuto, ma la donna dormiva della grossa e biascicò qualche parola confusa di protesta. Allo sconsolato Luigi non gli riuscì di prendere sonno e al mattino, quando la moglie si svegliò e poté ascoltarlo, raccontò tutto d’un fiato quello che gli era accaduto. “Te lo dico sempre io d’ andà a letto prima la sera!” fu la risposta divertita della moglie. Ma lo zio Gigi non si dette per vinto e, dopo essersi cambiato d’abito, andò in piazza per sentire se qualcuno sapeva qualcosa in più, ma c’era un problema, aveva paura di fare una brutta figura a raccontare quello che aveva visto, temendo di essere preso in giro dagli amici, per cui si informò solo su chi era deceduto ultimamente, ma non risultavano funerali da tre giorni! Passò del tempo e Luigi non rammentò più di quella notte, anche se quando andava dai sui amici ai Battenti, quando ritornava, provava una strana sensazione a ripassare davanti alla chiesa di San Martino. Luigi morì sei anni dopo, nel 1928, portandosi con se un mistero che non seppe mai spiegarsi, ma che conteneva in se un fatto realmente accaduto. Di fatto un giovane ufficiale dell’esercito, figlio di un ricco nobiluomo fiorentino che aveva un possedimento a Montepulciano, era stato dichiarato disperso durante la prima guerra mondiale, e tutti i suoi averi erano stati divisi tra i sui due fratelli ed una sorella. Ma nell’inverno del 1922, il giovane ufficiale tornò improvvisamente a Firenze e rivendicò i sui beni che ormai erano stati dilapidati dai disgraziati fratelli che, a tal punto, rischiavano di essere condotti davanti al giudice a rispondere di atti non legali. La paura li vinse e, in uno scatto d’ira, uccisero il povero fratello redivivo, decidendo di seppellirlo in una grotta che conoscevano fin da piccoli alle pendici di Montepulciano, adiacente alla loro villa poliziana in località San Martino. In un estremo slancio di umanità organizzarono un funerale notturno, con l’avallo di una Compagnia che lo officiò, complice l’amico camerlengo che era anche il presidente della Compagnia Bianca. Certi di non essere scorti da nessuno, a parte il nostro Luigi che non comportò alcun intralcio per loro, seppellirono lo sfortunato ragazzo e se ne tornarono a Firenze il giorno successivo. La triste storia non fu mai raccontata a nessuno, dato un giuramento tra i partecipanti. Ma la sorella più piccola scrisse tutto nel suo diario, non molto segreto, e la storia venne letta e riportata alla luce da un nipote dello sventurato ufficiale. Ma ormai non c’era più nulla da fare, tutti i responsabili di quella macabra storia erano già a far compagnia a suo zio nelle gelide tenebre della notte.