Galeotta fu l'Italia - e lo chiamarono Montepulciano


Coppia australiani e il figlio legati a doppio filo al Bel Paese. 

Forse sono stati i profumi di mammola del Nobile riserva o i colori intensi delle colline della Val di Chiana senese. Fatto sta che Steve, australiano Doc ma con un amore viscerale per il Bel Paese e una grande passione per il cinema nostrano, ha trovato nella Toscana una seconda vita, un profondo attaccamento ad una terra per lui inizialmente sconosciuta, ma dopo anni divenuta patria adottiva e col tempo molto familiare. A tal punto da condurlo a legare indissolubilmente una parte di sé, suo figlio, al paese che lo ha più affascinato: Montepulciano, patria del celebre vino. E' così, infatti, che Steve e sua moglie Jules hanno deciso di chiamare il loro unico figlio "perché Montepulciano - spiega Steve - rappresenta per noi una seconda vita". Una scelta singolare, inusuale, "un nome unico", dice Steve, ma quel bambino "è stato per noi un miracolo che si è avverato". Ed è così. La nascita di Monty, questo il suo diminutivo affettivo, arriva dopo una prima gravidanza interrotta non volontariamente al terzo mese. Un figlio atteso, un segno del destino, che nel nome riecheggia elementi geografici ed enogastronomici, simboli dell'Italia nel mondo. La passione di Steve e Jules per l'Italia viene da lontano e nasce soprattutto con il cinema dei grandi registi. Lui, giovane autore pubblicitario con antenati inglesi, irlandesi e francesi, non si perde nessuna nuova pellicola e con la sua compagna Jules, anch'essa impegnata in produzioni pubblicitarie per la tv, partecipa a tutti i film-festival italiani in Australia. Nel paese dei canguri, riesce ad immergersi e vivere virtualmente le atmosfere italiane nelle inquadrature magiche dei capolavori di Fellini, Antonioni, Bertolucci, Zeffirelli, De Sica, Visconti, ma anche con i più recenti film di Salvatores e Tornatore. Per Steve, è la Sicilia l'incantevole sirena di Ulisse, filtrata dagli occhi del 'Padrino' di Francis Ford Coppola. La Trinacria lo attrae e lo conquista così tanto da chiedere la mano alla sua compagna Jules. Certamente non nozze australiane, ma siciliane. E così prende corpo il primo viaggio in Italia, direzione Catania insieme a 'pochi ma buoni' amici. "Sembrava un sogno - racconta Steve - siamo stati a Taormina e ci siamo sposati in un paesino ai piedi dell'Etna dove un prete locale ha celebrato le nostre nozze. E' stato come vivere dentro un film". Steve e Jules, con il suo duplice mazzo di fiori, a simboleggiare il connubio Italia-Australia, salutano le nozze con danze e canti e affettuosi lanci di riso da parte dei paesani. Dopo il matrimonio, il viaggio in Umbria e Toscana. "L'amore per l'Italia - afferma Steve - diventava via via più forte e decidemmo di tornare in Italia una volta all'anno per conoscere ogni sua regione; non come semplici turisti, ma per provare a immergerci a pieno nelle tradizioni, nei luoghi e nel cibo". Un'immersione a tutto tondo che prosegue in Puglia, Lazio, Liguria, nella quale Steve raccoglie storie, fa nuove amicizie e incontra personaggi che gli restano impressi. Le differenze con la vita in Australia si fanno sentire: "Apprezziamo l'attaccamento degli italiani alla famiglia, mentre in Australia il consumismo e le comodità sono prioritari. L'impressione - sottolinea - è che noi australiani abbiamo dimenticato l'amore per i bambini, la cura per gli anziani e la bellezza di sedere assieme per mangiare attorno ad una tavola". Vite frenetiche, insomma, che lasciano poco spazio "per godersi le giornate". Il colpo è assestato. E la routine quotidiana sta per essere spodestata da una decisione molto importante e rischiosa. "Abbiamo lasciato il lavoro e siamo partiti per l'Italia", dice Steve, che realizza un altro dei suoi più grandi desideri: scrivere per il cinema. "Decidemmo di seguire i nostri cuori, sapendo che tornare indietro e riprendere il nostro lavoro non sarebbe stato per niente facile". I due viaggiano molto, passano anche mesi nello stesso posto, cercano la giusta dimensione. E tra i molti paesi conosciuti in questo girovagare che fanno breccia c'è proprio Montepulciano: "E' stato uno dei primi posti dove siamo stati, ma quando ci siamo tornati c'era qualcosa di diverso. Era l'inizio delle nostre due nuove esistenze: abbiamo bevuto un bicchiere di vino Nobile e ci siamo preparati per il viaggio della vita". In Umbria, Jules e Steve trovano ciò che avevano cercato da tempo: una casa in un piccolo paesino dove vivere "l'Italia più vera". Le giornate trascorrono in armonia con l'ambiente; tutto è nuovo, da scoprire e da apprezzare: la storia, i costumi, l'affetto della gente italiana. "In Australia - dice - tutto ciò che ha più di 200 anni è antico. Ma ora, essendo diventati parte del paese con gli abitanti che ci hanno accolto calorosamente nelle proprie case, l'Italia sembra completamente diversa da prima". Cercano un figlio, lo vogliono. L'ambiente li appaga e la vita molto più rilassante non è certo quella dai ritmi impossibili delle città australiane. Steve passa il suo tempo a scrivere film e sceneggiature e finalmente Jules resta incinta: "Non potevamo essere più felici". Ma dodici settimane dopo arriva un brutto colpo. Jules è costretta ad abortire nell'ospedale di Montepulciano. Per loro è un dramma. Inizia così un percorso a ritroso che riporta Steve e Jules in Australia. Difficile "ricomporre i pezzi" e riabituarsi a quell'ambiente: "Da noi - sottolinea - una persona è identificata socialmente per il lavoro che svolge. Mentre negli otto mesi passati in Italia mai nessuno ha provato a chiedermi che cosa facessi per vivere. Ero semplicemente me stesso, non il mio lavoro". Ma proprio sul lavoro accade qualcosa di inaspettato. I film che nascono dalle ispirazioni avute in Italia sono buoni, qualche produttore li acquista, Steve ritrova entusiasmo, ne scrive altri e intravede all'orizzonte un altro dei suoi sogni: "Girare un film in Italia". Jules, che nel frattempo è tornata a lavorare come pubblicitaria, resta incinta per la seconda volta. Nasce Montepulciano: "Lo chiamiamo Monty per abbreviare. E' un bambino bellissimo e in perfetta salute. Un bambino speciale. E' sicuramente insolito - spiega Steve - chiamare un figlio col nome di una città". Monty viene battezzato a Montepulciano nel tempio tardo-rinascimentale di San Biagio, gremito di amici italiani. Insieme al padrino, che tutt'ora abita nel centro toscano, noto come 'la perla del Cinquecento', si tiene una gran festa dove il vino Nobile scorre a fiumi. Da quel momento l'attaccamento all'Italia, mai sopito, riprende vigore. Insieme a Jules, Steve compra casa in Umbria e la ristruttura. E così, ogni anno la famiglia fa la spola tra Australia e Italia per quella che i due amano definire "l'estate infinita". Monty frequenta anche la scuola nel nostro paese e si abitua facilmente, nonostante qualche difficoltà nella lingua, a quella che è ormai, di fatto, una seconda patria. "Sono venuto in Italia 26 volte - chiosa Steve, che oggi scrive e dirige film nella sua città natale - ma la tentazione è forte: prima o poi mi piacerebbe comprare un biglietto di sola andata". Per l'Italia, s'intende.
APCOM

Ben venga il primo maggio!

“Ben venga maggio e 'l gonfalon selvaggio! Ben venga primavera che vuol l' uom s'innamori; e voi, donzelle, a schiera co li vostri amadori, che di rose e di fiori vi fate belle il maggio...” Così il Poliziano celebrò il mese delle rose, inno alla primavera e al risveglio della natura. Ancora oggi maggio è considerato un’ ode alla gioia e, dopo il torpore invernale, è l’occasione più ghiotta per organizzare in ogni dove un grande numero di feste e sagre che caratterizzano questo affascinante mese. La principale attrazione della Valdichiana è la tradizionale e rinomata “fiera del 1° maggio” che, svolgendosi a Montepulciano tra il centro storico e la crocetta, coniuga la festa dei lavoratori con la celebrazione di Sant’Agnese Segni, la domenicana compatrona della città Poliziana. Fin dalle prime ore del mattino, i venditori ambulanti, organizzano le proprie postazioni per proporre i loro prodotti alle migliaia di persone che affollano il grande mercato durante l’intera giornata, che termina verso sera. La crocetta è occupata da banchi che vendono di tutto, dagli oggetti in plastica all’abbigliamento e biancheria intima, passando attraverso scarpe, pentole e posaterie. Nella ex piazza del mercato, tra frutta fresca e verdura, si sente un buon odore di porchetta che, insieme ai baccelli mangiati con il pecorino fresco, rappresenta una prelibatezza tipica di questa giornata. Risalendo verso il Santuario di Sant’ Agnese, dove a metà mattinata viene celebrata la messa in onore della Santa alla presenza delle autorità e delle contrade, ci imbattiamo in rivendite di accessori per auto, saponi e profumi più o meno taroccati, giocattoli e piccoli animali impauriti e frastornati ammassati di fronte all’ex macelli. Arrivati al giardino di Poggiofanti si possono ammirare mobili, quadri e idee per la casa in vimini e bambù, libri e articoli in pelle, prodotti che si ritrovano anche quando ci si incammina su per il centro storico dove sono presenti anche oggetti e prodotti orientali. Per i bambini e i ragazzi le macchinine allo sterro sono l’attrazione più invitante e gli adulti, passeggiando tra le giostre con i figli, riassaporano il tempo della loro giovinezza. La tradizione popolare vuole che alcuni organizzino, all’interno di cantine o rimesse, la classica colazione, alla quale amici e parenti volentieri accorrono per gustare i tipici prodotti della festa innaffiati dal buon vino rosso locale. Gli ospiti che soggiornano a Montepulciano, anche se hanno qualche difficoltà a parcheggiare le auto e devono sopportare alcuni disagi, sono coinvolti dal clima festoso della fiera e sovente acquistano alcuni souvenir dalle bancarelle per la gioia dei commercianti stanchi ma felici. Quando alla sera si smontano i banchi e la gente sciama verso le proprie case rimane solo una leggera malinconia che ben presto sparirà al pensiero che l’attesa data ritornerà l’anno successivo e via andare. Dunque, evviva il primo maggio che con i suoi rumori e la sua confusione rallegra grandi e piccini e regala a tutti un soffio di spensieratezza e serenità.

Carnevale poliziano

La parola carnevale deriva dal volgare e significa letteralmente "carne levare", riguardo al fatto che con il carnevale si indicano i festeggiamenti che precedono l'inizio della Quaresima, dopo i quali è vietato mangiare carne. Il primo giorno di Carnevale, fissato tenendo conto delle regole ecclesiastiche, può essere il 1° o il 17 gennaio oppure il 2 febbraio (festa della Candelora) e si protrae fino al mercoledì delle Ceneri. Come la maggior parte delle feste popolari anche il carnevale è di origine contadina, e risale ai riti tradizionali della stagione invernale quando alla metà di febbraio moriva l'inverno e si avvicinava la primavera. L'esplosione di gioia e l'uso della maschera, la quale rendeva l’uomo simile agli altri animali, avevano la funzione da un lato di allontanare gli spiriti malefici e dall’altro di propiziare buoni raccolti e abbondanza. Gli antichi romani si abbandonavano a festeggiamenti, che richiamano il carnevale odierno, durante i "Saturnali", feste dedicate appunto al dio Saturno che iniziavano il 17 dicembre e si protraevano per sette giorni con festeggiamenti di vario genere, durante i quali tutto era consentito, in particolare lo scambio dei ruoli; pare addirittura che gli schiavi venissero serviti dai padroni, potendosi concedere anche qualche libertà! In Italia il carnevale è stato sontuosamente celebrato per secoli, anche se negli ultimi tempi ha perso il proprio smalto, soppiantato da feste di maggiore risonanza importate dalla sempre più presente america. Tuttavia ancora oggi sono visibili alcuni tratti di questa antica festa popolare, soprattutto nella lussuosa festa mascherata di Venezia o nel toscano carnevale viareggino. Al Carnevale sono legate alcune maschere tipiche, che ricalcano e prendono in giro vizi e difetti degli abitanti delle varie regioni. Tra le più famose ricordiamo Pulcinella, maschera napoletana per eccellenza, con le gobbe sotto alla veste bianca ed una mascherina nera con un prospiciente naso adunco; Pulcinella è un contadino poverissimo, che non avendo voglia di lavorare, impiega tempo ed energie per trovare in modo ingegnoso la possibilità di mangiare. Arlecchino, veneziano vestito con un tipico costume a rombi multicolori, è servo loquace e apparentemente sciocco, ma in realtà è furbo e malandrino! Un altro famoso veneziano è Pantalone, vecchio mercante tedioso ed avaro, che non disdegna le avventure galanti; oppure il dotto Balanzone, rappresentante della caricatura tipica bolognese, saccente e pettegolo. Inoltre, ogni regione vanta ricette gastronomiche particolari e secolari, ma è soprattutto nel “dolce” che si nota una singolare voglia di evasione e di trasgressione; non a caso le ricette caratteristiche, seppur con varianti, vedono al primo posto i dolci fritti. Un proverbio recita che “fritta è buona anche l’aria”, ma è certamente lo zucchero caramellato e dorato dall’olio ad alta temperatura a trasformare anche il più semplice impasto in qualcosa di irresistibilmente stuzzicante e profumato. Restringendo il campo a Montepulciano mi sono ritrovato a ripensare ad alcuni tratti caratteristici del nostro carnevale, oggi anch’esso non più seguito come una volta, cui verso la fine degli anni settanta ho assistito, con maschere, carri allegorici e sfilate fino a piazza grande dove con un grande falò si bruciava “il fantoccio” imbottito con festosi petardi scoppiettanti, come i nostri avi lo fecero molti secoli prima di noi. Ricordo che era una bella usanza festeggiare per le strade della crocetta e del centro storico con “schiumate” e botte da orbi con i manganelli di plastica che ad ogni colpo fischiavano in modo grottesco. E poi coriandoli, stelle filanti e bombolette puzzolenti che ci divertivamo a schiacciare vicino alle poche botteghe e ai folti gruppetti di persone che affollavano il centro storico. La domenica di carnevale terminava con canti e danze al teatro poliziano nel mitico “veglioncino dei bambini” al quale prendevano parte tutti i giovinetti della zona doverosamente accompagnati da genitori annoiati e stanchi. Ma la mia curiosità mi ha spinto oltre il mio tempo e sono andato a farmi raccontare dagli anziani, i quali mi hanno sonoramente rimproverato di voler mettere in difficoltà la loro memoria, di come si svolgeva il carnevale ai loro tempi. Sono venuti alla luce alcuni aspetti che mi hanno sorpreso e dei quali, probabilmente, anche molti dei lettori non sono a conoscenza. Per esempio i grossi carri venivano prima costruiti nella falegnameria di San Girolamo, per poi essere assemblati in piazza grande. Verso i primi del novecento le allegre carrozze venivano trainate da buoi e, successivamente, direttamente montati su vecchie “jeep willis” di guerresca memoria o su trattori prestati dai contadini, che pareva quasi che gli enormi carrozzoni allegorici si muovessero di energia propria. Alcuni poliziani ricordano addirittura che molti carriaggi a malapena passavano sotto alle maestose porte di Montepulciano e su per il centro storico date le considerevoli dimensioni. Il corteo era composto anche dalla banda musicale, dalle majorettes, da saltimbanchi, giocolieri e da vari personaggi mascherati con grande ironia, con il mattacchione di turno che seduto a cavalcioni su una botte di vino trasportata su di un carretto fingeva di cibarsi, da un vaso da notte, di una sostanza rivoltante che poi risultava essere semplice cioccolato! I giovani dell’epoca si divertivano a distribuire farina dalle pompe del ramato o a sbattere addosso ai malcapitati robuste aringhe intrise di farina che venivano acquistate all’uopo dai buontemponi. Di grande ilarità risultava essere la lettura del testamento da parte di un grande personaggio del bruscello, il Mence, che in piazze delle erbe, introdotto dalla canzoncina della compagnia dei becchi “il carnevale è morto chi lo sotterrerà, la compagnia dei becchi farà la carità”, si prendeva gioco delle persone che durante l’anno erano state protagoniste di eventi ridicoli e simpatici. Il gioco risultava buffo per chi ascoltava divertito, ma anche imbarazzante per gli ignari protagonisti delle beffe; ma d’altronde si sa: “a carnevale ogni scherzo vale”. Il tempo di carnevale era insomma una grande festa che culminava in grandi abbuffate di crogetti di varie dimensioni, annaffiati con il buon vinsanto che da sempre accompagna i caratteristici dolci. Questa tradizionale festa popolare ha molte sfaccettature ed è per questo che è arrivata fino a noi attraversando decine di secoli, ogni volta rinnovandosi e rigenerandosi a secondo della situazione storico - politica del momento ed integrandosi perfettamente negli usi e costumi in cui di anno in anno si è imbattuta. Dunque, a Montepulciano come in altri luoghi, dobbiamo adoperarci affinché il ventunesimo secolo non venga ricordato come il definitivo declino di una antica tradizione che ha dato gioia, divertimento e speranza di un futuro migliore ad intere generazioni di uomini e donne, ma come un secolo di rinnovato spirito nei confronti del carnevale, in modo che il fantoccio che lo simboleggia continui a bruciare con i consueti crepitii che per secoli ci hanno rallegrato.

Andrea Pazienza in mostra a Montepulciano

La città di Montepulciano rende un doveroso omaggio ad Andrea Pazienza: dall’1 al 30 giugno si accende la mostra-evento “Pazienza poliziano”. Saranno esposti i lavori originali, insieme ad una raccolta delle testimonianze legate al territorio: sarà così possibile ricostruire un periodo fondamentale della vita artistica di Andrea Pazienza nei suoi quattro anni di permanenza poliziana, dal 1984 fino all’epilogo del giugno 1988. A vent’anni dalla sua scomparsa, l’Associazione Mattatoio N. 5 e il Comune di Montepulciano danno vita ad un’iniziativa che analizza la vitalità e le opere del geniale artista, pugliese di origine, bolognese di formazione e poliziano di adozione. Attraverso gli schizzi, i bozzetti, le dediche, gli scritti e i pensieri raccolti si arriva a rintracciare il segno lasciato da Pazienza a Montepulciano nelle coscienze e nello spirito dei poliziani e in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di viverlo e frequentarlo in quegli anni. Un evento che si articola su due direttrici, anche grazie alla supervisione artistica di Marina Comandini Pazienza. In primo luogo, l’attesissima mostra espositiva degli inediti disseminati nel territorio, accompagnati da estratti di opere nate e concepite a Montepulciano (ad esempio “Pompeo” e “Zanardi”); insieme alle opere, ci saranno curiose raccolte fotografiche e soprattutto esclusivi contributi video, arricchiti da un documentario prodotto per l’occasione. Il percorso espositivo è itinerante e si snoda in tre diverse sedi espositive: il Museo Civico, le Logge della Mercanzia e la Cripta della Curia Vescovile. Ma la mostra sarà diffusa in tutta la cittadina, grazie ad una serie di installazioni che evidenziano il profondo legame tra Pazienza e il tessuto sociale poliziano. Parallelamente, saranno imbastite alcune giornate di ricordo dedicate ad Andrea Pazienza attraverso memoria collettiva, spazi creativi e ricreativi. Si apre con un vernissage multimediale, tra musica e arti figurative; e poi una performance in cui giovani talenti interagiscono con artisti affermati, un workshop sul fumetto e una tavola rotonda conclusiva su Andrea Pazienza e Montepulciano. Dopo le inquietudini vissute nella Bologna di fine anni ‘70, “Paz” si trasferì a Montepulciano nel 1984, integrandosi immediatamente con la comunità locale. Annoverato tra i più grandi artisti contemporanei per la versatilità nell’uso dell’immagine e della parola, Pazienza è stato e rimane l’esuberante narratore di un’epoca. Ora Montepulciano ne propone un ricordo collettivo e gli organizzatori lanciano un appello a tutti coloro che hanno conosciuto l’autore affinché mettano a disposizione di questa iniziativa eventuali materiali originali e curiose testimonianze legate al genio di Andrea Pazienza.